Davvero credi di fare più fatica ad ammirare che a invidiare?
- MagMel
- 11 feb
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 12 feb
“Benedetto colui che ha imparato ad ammirare, ma non invidiare, a seguire ma non imitare, a lodare ma non lusingare, a condurre ma non manipolare.” (William Arthur Ward)
“Sei bella/o da fare invidia”, “Beato Lui”, "Sì, va beh ... ma la mia è una SANA invidia”. ALT!
Quante volte abbiamo provato, ricevuto, e indirizzato frasi simili, nascondendole dietro una finta ammirazione? O, peggio ancora, “svalutando” quel qualcuno o qualcosa, rifiutandolo dentro e fuori di noi?
Occorre fare chiarezza su questo sentimento, conosciuto come uno dei sette Vizi Capitali: L’Invidia.

L’etimologia della parola In-vidia deriva da In-videre, guardare in modo negativo: guardare male.
Essa altro non è che un senso di astio e di ran-core (lontano dal cuore e fa rima con disonore) che si prova rispetto a qualità, proprietà e fortune godute da un’altra persona, un intreccio tra livore e desiderio. Figlia del Giudizio, essa è un’ammissione di inferiorità e porta a celebrare l’oggetto della nostra Invidia come se fosse tre volte più grande di noi.
L'invidia si nutre di paragoni e competizione: si reputa l'altro meglio di noi, più bello, più alto, più magro, più capace, più brillante, più felice, più appagato, più realizzato, più amato... Nel mentre, così facendo, lo si eleva idealmente su un altissimo e irraggiungibile piedistallo, mentre noi scendiamo sempre più in basso, in un baratro senza fine, e questo ci è insopportabile, insostenibile. Da qui, la deriva competitiva e distruttiva dell'invidia: "devo essere anche io bravo/a come lei/lui"; "devo fare anche io quello che fa lei/lui"; "devo essere migliore di lui/lei", e così via, in un'escalation di emozioni e azioni che faranno male solo a chi le prova. In questo corrosivo marasma, alcuni finiscono poi per incattivirsi nei confronti dell'oggetto delle loro invidie, cercando addirittura di distruggerlo con parole, azioni, subdoli sotterfugi, manipolazione, tradimenti, terrorismo psicologico... Ma qui siamo agli estremi, quelli che releghiamo istintivamente a telefilm e telenovelas, mentre noi per esperienza sappiamo che in realtà l'invidia più sottile colpisce il 99,9% delle persone, anche le più insospettabili e quelle che non lo direbbero mai di se stesse... Sì, anche tu che stai leggendo, anche se forse non te ne rendi conto. Ecco perché, per vedere davvero l'invidia in noi, è necessario partire dal presupposto che essa scaturisca dalla nostra sottintesa ammissione di essere inferiori.
Non a caso, è tra le emozioni più indagate e diffuse nella storia delle fiabe, del cinema, della letteratura... e persino delle religioni! Come dimenticare l'invidia distruttiva di Rossella O'Hara per Melania Hamilton in "Via col vento" o l'episodio biblico di Caino e Abele, o ancora l'invidia della matrigna per Biancaneve?

Perché è così dannosa? Come agisce l’Invidia nel nostro corpo?
L’invidia è pericolosa, se la lasciamo sedimentare, poiché si trasforma da emozione passeggera a sentimento permanente. E ci avvelena dall’interno.
Vi è mai capitato di sentire l’espressione “Verde dall’invidia!”?
Invidiando, tentiamo di offuscare la luce di qualcuno, ma in sostanza evidenziamo un notevole e sotteso disprezzo verso noi stessi, finendo per far brillare ancor di più quello che stiamo “guardando”, dispensando rabbia e causando infelicità.
L’eccesso di rabbia provoca una sovra produzione di bile (sostanza che il nostro corpo produce naturalmente e che, quando in eccesso, diviene nociva) e il suo colore è appunto il giallo-verde. È interessante notare che le sostanze che stimolano l’espulsione della bile si chiamino “coleretiche”, che come la parola “collera”, deriva dal greco kholè, “bile”.

Come possiamo liberarci da queste catene subdole e insidiose?
L’invidia è una di quelle emozioni che non solo consideriamo negativa, ma che più di tutte fatichiamo a riconoscere e ad ammettere. E' associata a una sorta di “sguardo malevolo”, il cosiddetto malocchio; non a caso sono proprio gli occhi lo strumento dell’invidia e non la causa.
Siamo invidiosi perché veniamo sedotti dall’immagine delle cose, dall’illusione di ciò che vediamo con gli occhi della personalità!
Lo sapeva bene Dante, che descrive gli invidiosi addossati alle pareti del Purgatorio, in posa da ciechi, con gli occhi cuciti da un filo di ferro dalle cui cuciture trapelano lacrime. In vita non hanno davvero guardato gli altri, il loro desiderio di felicità, il loro cuore, ma hanno prestato attenzione soltanto ai beni che possedevano e che loro stessi avrebbero desiderato. Così nell’aldilà non vedono più la realtà e sono richiamati in questo modo a guardare con il cuore. E non è forse il Verde il colore legato al Chakra del Cuore? E se fosse questa la “chiave” di apertura?
Come per tutte le cose non esiste Luce senza Ombra, ed è conoscendo esattamente il nostro “nemico” che possiamo sconfiggerlo. Scegliere, quindi, di accogliere l’Invidia e sentire cosa ha da raccontarci di noi (non dell’altro!), senza giudizio è l’inizio della trasmutazione. Stare sull’emozione all’ottava bassa, osservare i suoi meccanismi, ci permette di riconoscerla e portarla sempre di più verso il suo equivalente all’ottava alta: L’Ammirazione.
Termine che deriva dal latino “admiratio/admirari”, rimanda alla parola “mirus”, cioè meraviglioso, mirabile.
Questa volta è uno sguardo diverso, di stupore e meraviglia, con il quale guardiamo colui che per sostanza morale, atteggiamenti di vita, successo professionale, desta appunto la nostra ammirazione. Una gioia stimolata da un senso di profonda ispirazione e appagamento.

Qualche suggerimento nella pratica.
L’invidia può farci da trampolino verso l’ammirazione, se sappiamo accoglierla e trarre da essa informazioni utili. Ad esempio: quali sono i nostri bisogni? Cosa ci manca? Cosa vorremmo, noi, che “vediamo” nell’altro? È tutto oro quello che luccica?
L’auto-osservazione deve essere sempre lo strumento con il quale imparare a stare nel mondo, e disciplinarsi a essa è fondamentale per riconoscere le nostre emozioni.
L’onestà e il non- giudizio verso noi stessi sono fedeli alleati per accogliere i messaggi dei nostri “fastidi”. Spegnere il paragone è uno dei compiti più ardui, ma necessari a far sì che l'invidia si dissolva e che la competitività non ci logori fino allo sfinimento.
La mente è un magazzino di informazioni: tu e soltanto tu puoi cambiare quelle informazioni, educandola all’amore verso te stessa/o in sostituzione al disprezzo e all’auto-svalutazione.
Siamo esseri unici e inimitabili, con le nostre peculiarità e i nostri talenti. Invece di “guardare male” quel qualcuno, proviamo a riconoscere nell’altro una parte di noi che vuole uscire allo scoperto e manifestarsi al mondo, che ancora non riconosciamo di avere, ma che esiste in latenza. Utilizziamo in modo sacro la nostra fonte esterna, il nostro maestro, come ispirazione per manifestare la nostra unicità, senza imitare, lusingare, manipolare o voler offuscare l’altro. Semplicemente per Essere.
Ricordando che la nostra manifestazione è fonte di ispirazione, ed è proprio quell'ispirazione che cambia il mondo.
Mel&Meg
[Le immagini presenti in questo articolo prive di didascalia sono state tratte da Pixabay e Canva Premium.]
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