Viviamo in un’era in cui l’informazione ha ormai conquistato i più disparati mezzi di diffusione e le modalità per raggiungere chi desidera tenersi aggiornato - e anche a chi non ha questo desiderio - sono tantissime.
L’informazione di massa raramente viene messa in dubbio o contestata, se non con chiacchiere da bar fini a se stesse, che vanno ad esaurirsi lì dove sono nate.
Tutto ciò che giunge da tele e radiogiornali, quotidiani cartacei e online - per non parlare dei social - tutto quanto viene semplicemente dato per scontato, o quasi.
Sì, può capitarci di sentire lamentele, critiche nei confronti di qualche avvenimento di cronaca o politico… potremmo addirittura incappare nell’”anarchico” della situazione che punta il dito contro tutto e tutti e che ci dice che ci stanno prendendo tutti per i fondelli… ma poi, in fondo, la stragrande maggioranza di noi si attiene a ciò che è stato “detto dalla televisione”, dall’amico, dal parente, dal vicino di casa. Con l’ovvio risultato che, alla fine è la disinformazione a farla da padrone.
Ci si accontenta, non c’è quello stimolo a comprendere un po’ di più della realtà che ci circonda, perché ci basta sapere due cose a caso di quel paio di argomenti di cui si parla tanto sul momento per poter far prendere aria alla bocca e intavolare quella conversazione da bar che ci fa sentire dei leoni nel difendere la nostra fondatissima tesi, quando in realtà… non sappiamo proprio nulla!
Una profonda pigrizia risiede nell’essere umano che non viene nemmeno sfiorato dall’idea di fare una semplice ricerca su internet o andare in biblioteca e provare a raccogliere qualche nozione in più su quell’argomento per cui tanto s’infervora, ma di cui nulla conosce.
La disinformazione è l’altra faccia della medaglia: siamo costantemente tempestati di notizie ovunque ci troviamo, eppure non sappiamo più nulla. Pensiamo che non sia necessario fare ricerca, tutto ci viene gentilmente preparato da un surrogato di mamma amorevole che ci imbocca senza che noi dobbiamo fare il minimo sforzo, se non quello di mandar giù il boccone senza farci domande. Non siamo nemmeno più in grado di farci domande! Abbiamo dubbi su noi stessi, sulla nostra capacità di discernere cosa è giusto e cosa è sbagliato per noi e lasciamo che sia qualcun'altro a scegliere al nostro posto.
Non ci viene insegnata, perlomeno non come dovrebbe esser fatto, quella capacità di discernimento. Così come non ci viene insegnata la fiducia in noi stessi. E se non ci fidiamo di noi stessi, come possiamo fidarci del mondo? E’ tutto estremamente confuso nella mente della maggior parte degli esseri umani e fare ordine in un mondo in cui tutto viene dato preconfezionato e pronto all’uso sembra quasi un’impresa impossibile.
E invece noi vi diciamo che si può imparare a discernere. La fiducia in sé può essere insegnata. E se non viene insegnata, abbiamo ormai una miriade di mezzi per impararla da noi, così da essere in grado finalmente di decidere se quell’informazione che arriva dalla testata nazionale è effettivamente sensata o meno. E se un’informazione non sembra sensata, ricerco. Ovunque.
Avere uno sguardo ampio è ormai diventata cosa da pochi. Significa saper scindere, saper vedere le cose non solo dal punto di vista del mio piccolo mondo, ma elevarsi a tal punto da vedere dall’alto, da vedere l’insieme, da poter fare un confronto con il passato, con il resto del mondo, con tutto ciò che di simile o di assimilabile accade. E decidere infine se quella notizia che ci è arrivata è condivisibile o se può essere contestata o addirittura ignorata.
La mancanza di capacità di discernere in alcuni individui è così grande che qualsiasi nuova informazione o notizia che giunge alle loro orecchie diventa un motivo valido e immediato per cambiare opinione. Leggono un articolo in cui si parla di quanto lo zucchero sia nocivo per il nostro corpo e, oltre a smettere di mangiare zuccheri, diventano i più grandi sostenitori della campagna contro i dolciumi; poi il vicino di casa racconta loro di quando una bustina di zucchero bianco gli ha salvato la vita e improvvisamente tutto ciò di cui erano “ferventi sostenitori” casca come un castello di carte. Sentono una notizia sulla guerra in cui si presume che l’attacco scatenante venga dal paese X e quindi passano le loro giornate a lanciare accuse a pappagallo con chiunque interagiscano… qualche giorno dopo aprono Facebook, leggono il post di un amico che accusa pesantemente il paese Y e senza porsi troppe domande, in men che non si dica hanno già cambiato bandiera… di nuovo! E senza indagare.
Informarsi, istruirsi richiede uno sforzo che molti non sono disposti a compiere, perché troppo presi dal loro tran tran quotidiano, dai loro impegni, dalla famiglia, dal lavoro, dalla serie tv di cui proprio non possono perdere la venticinquesima puntata… e quindi accettano di buon grado la caramellina che viene loro offerta senza sforzi.
E’ bene sapere, però, che ciò che fuoriesce da bocche poco informate è un prodotto assai nocivo. Quell’attività che viene chiamata “opinionismo” nata in tv e diffusasi con i social network che permettono di commentare qualsiasi cosa, è ormai un’attività praticata da quasi tutti. Non si è più in grado di tenere per sé il proprio pensiero, nemmeno quando è frutto di ignoranza e disinformazione. E, a maggior ragione, grazie agli schermi di smartphone e pc che ci fanno sentire protetti e invincibili, commentiamo anche quando dal vivo non avremmo il coraggio di proferire parola. Non ci si ferma a pensare “forse non ho abbastanza elementi per esprimere la mia opinione ora”. E invece, ogni volta che l’essere umano è preso dall’impulso di dire la sua sui più disparati argomenti, potrebbe provare a fermarsi e a chiedersi “sono disposto a saperne di più, ad approfondire facendo della ricerca”? Se la risposta è sì, sarà molto probabile che l’impulso a dire la propria svanirà e prenderà il suo posto una virtuosa sete di informazione che lo porterà anche a una maggior comprensione del mondo che lo circonda e di sé.
Ma se la risposta è “no, preferisco giocare a carte con gli amici o andare in discoteca”, l’opzione di rimanere zitti è sempre disponibile. Se non hai lo slancio verso la conoscenza, se sai di non sapere, l’opzione migliore è sempre quella del silenzio.
Con il silenzio si crea spazio e non vengono amplificati i danni che l’informazione sbagliata già crea di per sé.
A favore della conoscenza, dell’educazione di sé e della ricerca, possiamo trovare uno spunto interessante tornando indietro a quando eravamo bambini.
Probabilmente vi starete chiedendo cosa c’entra questo discorso con l’età infantile.
Da bambini il mondo è tutto una scoperta. Qualsiasi oggetto, suono, essere animato o inanimato attira la nostra attenzione perché è la prima volta che lo vediamo. E qual è il sentimento prevalente in noi? La curiosità. Quella curiosità che si fa voce nell’età dei “Cosa? Come? Dove?” e nella fatidica età dei “Perché?” che ripetiamo a non finire, mai sazi di quelle motivazioni che ci vengono fornite dagli adulti. C’è sempre un altro perché da pronunciare, siamo assetati di storie, di spiegazioni e motivazioni.
E ora noi vi chiediamo e ci chiediamo: perché quella curiosità che, forse inevitabilmente, svanisce pian piano che cresciamo, non può essere risvegliata? Perché non impariamo di nuovo a vedere il mondo con gli occhi dei bambini, che di cose che non sappiamo o che non abbiamo mai visto o osservato con i giusti occhi ce ne sono una miriade che nemmeno dieci vite basterebbero?
“Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.
(Matteo 18,1-5.10.12-14)
Possiamo decidere di vedere di nuovo il mondo come bambini, di non fermarci alla prima informazione che riceviamo ma di ritrovare quella curiosità sopita dentro di noi che ci porterà a chiederci di nuovo “ma perché”?
Questo articolo non vuole essere di certo una predica, ma un invito gentile ad aprire gli occhi e a renderci conto che in ogni cosa, in ogni avvenimento, in ogni gesto compiuto c’è un profondo significato che spesso non si svela a noi senza alcuno sforzo da parte nostra. Lo sforzo iniziale, però, passerà in secondo piano se avremo imparato a vivere di nuovo con stupore, con Entusiasmo [en = con | theós = Dio | ousía = essenza] cogliendo ogni giorno il mistero che avvolge tutte le cose e la magia di cui è fatta la nostra vita.
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