L’Abete: albero solstiziale simbolo del sole
L’Abete, elegante e longilineo, è il simbolo per eccellenza della festività più attesa dell’anno. Come spesso accade, le nostre tradizioni più radicate provengono da credenze molto antiche, nate ancor prima dell’avvento del Cristianesimo. Vediamo, dunque, i significati che questa pianta aveva nell’antichità e il modo in cui la sua simbologia senza tempo continua a riecheggiare nel nostro mondo moderno.

L’Abete rappresenta la lettera “A” dell’alfabeto Ogham, usato dai druidi presso i Celti. In questo alfabeto, ogni lettera prende il nome da un albero o da un arbusto. I Celti avevano un legame profondo con la Natura, e consacrarono questo albero alla festività di Yule, che veniva celebrata il 21 dicembre, giorno del Solstizio d’Inverno. Yule, come avrò modo di raccontarvi, è la festa della nascita del Fanciullo Divino, il Sole, che a partire da questa data rinasce e prevale sulle tenebre. Niente di così lontano dalla tradizione cristiana, insomma. In questo periodo dell’anno i Celti si preparavano ad abbattere l’Abete più grande del bosco, per bruciarlo rendendo così omaggio al dio della luce.
Anche gli antichi Egizi addobbavano alberi, considerati simboli della Natività: si decoravano le palme con simboli solari per festeggiare la nascita di Horus, dio del sole. L’Abete, invece, era la pianta sotto la quale era nato il dio Biblos, prototipo dell’Osiride predinastico egiziano.
In Grecia, invece, l’Abete Bianco – elàte – era sacro alla dea Artemide, protettrice delle nascite, in onore della quale si sventolava nelle feste dionisiache un suo ramo intrecciato con edera e coronato sulla punta da una pigna. Un ramo di Abete era appeso sulla porta di casa delle partorienti. Portava lo stesso nome dell’Abete Bianco, Elàte, la dea del Novilunio, detta anche Kaineìdes (da kainìzo: rinnovare, recare cose nuove). L’albero era sacro anche a Poseidone, dio del mare, poiché dal suo tronco si ricavavano gli alberi delle navi.
Fra le popolazioni dell’Asia settentrionale, l’Abete è considerato un Albero Cosmico. Sotto il dominio del Sole, da secoli viene considerato un ponte tra Terra e Cielo, tra Materia e Spirito.
Nella tradizione nordica ospita tra i suoi rami scoiattoli, uccelli, fate e folletti. In Germania nel medioevo si battevano simbolicamente le donne sterili con rami di quest’albero per cacciare la negatività e permettere loro di avere figli. Il legame fra l’albero e il solstizio è documentato anche nei Paesi scandinavi e germanici, dove nel Medioevo ci si recava poco prima delle feste solstiziali nel bosco a tagliare un Abete che, portato a casa, veniva decorato con ghirlande, uova dipinte e dolciumi. Intorno all’albero si trascorreva la notte allegramente, era un’usanza radicata.
Secondo gli Altaici, dall’ombelico della Terra spunta l’albero più alto, un gigantesco Abete i cui rami s’innalzano fino alla dimora di Bai-Ulgan, la divinità protettrice, collegando le tre zone del cosmo: cielo, terra e inferi.
I Tatari siberiani sostengono che una copia dell’Albero celeste si trova nell’inferno; un Abete con nove radici si erge davanti al palazzo di Irle Khan, il re dei morti.
Fra gli sciamani yakuti si favoleggia che nel nord cresca un Abete gigantesco che porta dei nidi sui suoi rami, dove si trovano gli sciamani, i maggiori sui più alti, i medi su quelli di mezzo e i minori sui più bassi.