Le Dominae Herbarum, guaritrici dei poveri
La magia naturale conduce alla conoscenza tramite un rapporto stretto di collaborazione (non di sfruttamento) tra uomo e forze della natura. Un aspetto caratteristico della magia naturale è l’utilizzo di erbe, fiori, piante, semi, radici, acqua, olio, filtri, fumigazioni, rituali, azioni, parole per sciogliere malefici, risolvere problemi relativi alla salute, ai sentimenti, alle scelte più pratiche della vita.

Nelle antiche culture, dagli Egizi ai Greci, dai Romani ai Celti, la medicina popolare e i rimedi a base di erbe erano riconosciuti e utilizzati comunemente e rappresentavano l’unica forma di cura e terapia per qualsiasi tipo di disturbo. In seguito questa forma di medicina venne ostacolata, talvolta ricorrendo alla violenza, sia dalle classi politiche che da quelle religiose. La caccia alle streghe, come ben sappiamo, ha caratterizzato per molto tempo il mondo cristiano. Nella maggior parte dei casi, le streghe erano soltanto donne che conoscevano molto bene i fenomeni naturali e il mondo delle erbe e delle piante.
Presso il popolo esisteva da sempre la “donna saggia”, esperta erborista e guaritrice; le si chiedeva di guarire le malattie non gravi e la sterilità, assistere le partorienti, eliminare fatture, localizzare oggetti rubati, trovare un marito alle fanciulle; era quindi una donna benefica, che spesso sostituiva il medico e l’ostetrica nelle zone di campagna. Non dimentichiamo che la medicina era strettamente imparentata con la magia e alle cure primitive ed empiriche si accompagnavano formule di scongiuro per allontanare la malattia; per esempio, un manuale medico consigliava come cura per le febbri di ogni tipo di usare foglie di una certa pianta, scrivendovi sopra, prima dell’uso, alcune parole latine, invocando la Santa Trinità e ripetendo la formula all’alba per tre giorni di seguito. Altri manuali medici mostravano la ferma convinzione che le malattie avessero una loro volontà e potessero essere ridotte all’obbedienza con la magia.
La strega era una grande conoscitrice dei poteri delle erbe, che raccoglieva nelle ore e nei giorni adatti e conservava per farne pozioni; contro la cattiva sorte usava coroncine di artemisia o di verbena, raccolte la mattina del 24 giugno e appese alla porta di casa; un pizzico di bardana negli angoli delle stanze teneva lontane le malattie; il vischio proteggeva dalla stregoneria ed è rimasta ancora oggi l’usanza di regalare mazzi di vischio beneauguranti a Capodanno. L’iperico veniva usato durante gli esorcismi e gli spicchi d’aglio, posizionati la sera in ogni stanza, assorbivano la negatività presente in un ambiente. La tintura di celidonia aumentava le facoltà psichiche e le streghe se ne mettevano qualche goccia sulla fronte e sulle palpebre prima di dormire. L’altra parte del corredo magico era composta dal materiale per costruire simulacri, come cera, stoffa, argilla; queste venivano modellate a imitazione di una figura umana sulla quale la strega doveva agire; un esempio tipico sono i pupazzetti di cera o stoffa volti alla guarigione ma anche a fare del male, talvolta, e che rientrarono poi nella cultura del voodoo.
Le erbe erano raccolte nel cosiddetto periodo balsamico in modo da poter sfruttare appieno le potenzialità dei principi attivi.
La medicina popolare, dunque, fin dalla notte dei tempi, è stata gestita in particolare dalle donne, tradizionalmente esperte nell’arte di curare le malattie con le piante, e i racconti delle più antiche civiltà ci tramandano le storie di maghe e di streghe espertissime nell’effettuare sortilegi e incantesimi o nel preparare rimedi miracolosi impiegando le erbe. Nella mitologia greca troviamo così Medea, che con le erbe preparava filtri magici in grado di assicurare l’eterna giovinezza, oppure la maga Circe che con il tocco di una verga trasformava in porci i naviganti e che era esperta nel creare con le erbe bevande in grado di immunizzare da ogni veleno.
