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Lughnasadh e Lammas, feste del raccolto

L’aria è calda, secca. Il sole brucia i campi e la pelle e le cicale friniscono nei cespugli e nelle siepi. L’estate sta per volgere al termine, i frutti nelle campagne sono ormai maturi ed è il momento di accingersi a raccogliere gli ortaggi, fare le prime conserve e puntare lo sguardo all’inverno. Si mettono da parte i semi e si consumano tutti i prodotti che la terra generosa ci offre.


La mietitura diveniva un atto rituale: “uccidendo” il grano, lo si trasformava per farlo rinascere sotto forma di pane. Inoltre, di quello raccolto, una parte veniva conservato per estrarne i semi da piantare nei mesi successivi. Quello del grano è un vero e proprio sacrificio che si rendeva necessario, ma richiedeva anche la propiziazione della sua rinascita. Lo Spirito del Grano, nascosto nell’ultimo covone, nelle ultime spighe rimaste nel campo o in un forestiero che passava da lì per caso, veniva festeggiato o sacrificato. Si creava dunque una figura umana, spesso con fattezze femminili, che veniva chiamata la Madre del Grano, la Vecchia, la Nonna, e veniva portata in processione per il paese, appesa nei fienili, talvolta cosparsa d’acqua per propiziare le piogge oppure ancora bruciata e usata per fertilizzare i campi.


In Egitto in questo momento dell’anno si festeggiava Soped, la stella Sirio che scandiva la vita per gli Egizi e che era associata alla dea madre Iside. Il 19 luglio, infatti, questa stella rinasce nei cieli dopo 70 giorni d’assenza e, in concomitanza con questo evento astronomico, avviene la piena del Nilo. Era un momento di grandi festeggiamenti, dunque, poiché con il limo la terra sarebbe tornata fertile permettendo al popolo egizio di vivere.

In Grecia si festeggiava la dea Atena, mentre nell’antica Roma si celebrava il dio Vulcano, ma anche i defunti.

Con il tempo, Lughnasadh divenne Lammas, la festa del pane, poiché il grano veniva trasformato appunto in pagnotte fragranti a uso rituale.

Anche se i tempi sono cambiati e le esigenze della modernità sono apparentemente diverse da quelle dell’antichità, possiamo festeggiare anche noi Lughnasadh.

Il sole comincia il suo lento declino, cedendo sempre più minuti alla notte, e così anche noi ci inoltriamo verso il periodo più oscuro dell’anno, in cui mediteremo su di noi, entreremo nella caverna della conoscenza e ne usciremo in primavera rinati e carichi di nuova energia.

Per quanto riguarda il lavoro magico, esso è da rivolgersi all’abbondanza, alla serenità, all’abbandono di cattive abitudini, alla chiusura di cose che ci si vuole lasciare alle spalle. E’ un periodo adatto anche ai riti di purificazione.

Potete festeggiare con gli amici, organizzando un banchetto all’aperto con frutta e ortaggi di stagione, insieme all’immancabile pane di cereali ed erbe aromatiche, tradizionale e propiziatorio di buona fortuna. Potete anche fare delle bamboline con le spighe di grano o con le foglie di mais, portando in questo modo l’abbondanza della terra nelle vostro vite e propiziando una rinascita personale. Riflettete sulla vostra vita e sul vostro personale raccolto e ringraziate Madre Natura per la sua generosità. Tra le altre attività, sono indicate la divinazione, gli incanti volti al miglioramento della situazione economica e l’esprimere desideri.



Fonti: L’arte della strega, Dorothy Morrison Almanacco. Il tempo della magia, Devon Scott Il ramo d’oro, James Frazer Feste pagane, Roberto Fattore


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