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Immagine del redattoreMagMel

Sono davvero responsabile di ciò che accade?

Ciò che come esterno m'appare, è in realtà il succo del mio cuore.

~ Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro ~


Uno dei primi argomenti che ci troviamo a dover sviscerare quando ci chiedono informazioni sul nostro modo di vedere la vita è un tema sicuramente per molti assurdo, ostico e inconcepibile, ma è per noi la base di tutta la nostra esistenza.

Le persone, sentendoci ragionare in modo “strano”, ma volendo aderire ai nostri insegnamenti, ricevono il messaggio più importante tra tutti, che è questo: nell’arte che siamo (perché l’Alchimia non è da "fare", bensì da "essere"), ci rendiamo sempre responsabili di ciò che accade in quel mondo cosiddetto "esterno".

Abbiamo detto "responsabili", non "colpevoli", di quello che accade. C'è differenza (e già solo per spiegare e comprendere questo servirebbero anni).

Percependoci madri di quell’evento, assumiamo il potere di cambiarlo, ma soprattutto ne cogliamo la spinta evolutiva per lavorare interiormente.

Se la volontà appartenesse all’evento, non potremmo fare nulla, se non esserne succubi. Non solo è una visione frustrante e invalidante, ma ci rende schiavi e dipendenti del mondo. Significherebbe vivere nella speranza che quel mondo si svegli sempre con il piede giusto, altrimenti sarebbero dolori per noi…

Tutto il contrario di ciò in cui crede l'Alchimista, anche se per molti è così (ed è giusto che lo sia).

È sicuramente una delle cose più ostiche da affrontare e digerire, ma con volontà e con l'aiuto di una guida non è impossibile. Si inizia proprio modificando questo schema mentale che ci tiene prigionieri da quando siamo nati.

Ecco perché sembriamo “strane”.



In molti considerano folle questo modo di concepire la realtà, poiché si tende sempre a pensare:

"Ah, quindi se esistono le guerre è colpa mia? E se il vicino di casa lascia che il suo cane faccia i bisogni sul pianerottolo, davanti alla mia porta, la colpa è sempre e di nuovo mia? Voi siete fuori di testa, tutto questo è assurdo."


Il senso di colpa è uno dei tranelli in cui si cade spesso, quando si trattano questi argomenti, che in verità sono talmente complessi e multi-sfaccettati che richiederebbero una preparazione a priori e non possono essere sviscerati solo attraverso i diversi canali online. Ecco perché esistono le guide (qualsiasi e chiunque esse siano) ed ecco perché il percorso iniziatico prevede sempre un maestro che aiuti l'iniziato a muovere i passi in una realtà differente rispetto a quella che ci è sempre stata raccontata. Altrimenti, è facile e comprensibile andare incontro al rifiuto.

La colpa che si viene a creare nei più è deleteria, poiché consuma, fa fisicamente del male a chi la prova.

Sentirsi responsabili di un determinato evento, invece, significa - almeno all'inizio - scindere per un secondo la dimensione materiale e quella spirituale: sul piano materiale, posso riconoscere che il mio vicino di casa non si sta comportando bene nei miei confronti, che la guerra è dannosa, che mia suocera è una vipera, che il mio datore di lavoro mi sta maltrattando... Nessuno dice di chinare il capo davanti a un sopruso, a quella che possiamo considerare un'ingiustizia, un abuso di potere (ecc.). Persino Gesù, nel tempio, condannò duramente gli scribi e i farisei. Nemmeno Gandalf si lascia mettere i piedi in testa da un nemico.


Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.

Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. 28 Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità. (Matteo 23:23-39)


Tuttavia, sul piano dello Spirito, le cose si fanno un po' diverse. Perché in quell'evento che mi sta provocando dolore, frustrazione, turbamento, ecc. c'è un messaggio. In quel nodo fastidioso e inaccettabile che la realtà mi sta mostrando c'è il seme di un lavoro interiore che posso svolgere su di me affinché col tempo quegli eventi non si ripetano più nella mia vita.

A riprova di ciò, se ci si soffermasse a riflettere sul proprio passato e sul proprio presente, probabilmente si troverebbero degli eventi ricorrenti, che corrispondono a una ferita rimasta irrisolta. Prendersi la responsabilità di quella ferita, significa muovere un primo passo verso la sua guarigione.


Iniziamo a riconoscere i messaggi nascosti nella malattia, ma non vogliamo riconoscere quelli che ci giungono ogni giorno, nella nostra quotidianità.

Riconosciamo i messaggi della natura, nel giungerci di un regalo, nella bellezza che riceviamo... ma quando si tratta di guardare il messaggio in un evento negativo, voltiamo lo sguardo e puntiamo il dito.

Possiamo parlare per ore di antiche civiltà, della bellezza della loro filosofia di vita, senza accorgerci che, molto spesso, quelle antiche percezioni del mondo portano insegnamenti molto più vicini a quello della responsabilità di quanto oseremmo immaginare.

Il Dottor Ihaleakala Hew Len - Fonte immagine: psicòlogoenmonterrey

Il concetto di responsabilità, per esempio, è lo stesso che sta alla base dell’Ho’ponopono. Per comprendere meglio ciò che intendiamo, portiamo l'esempio del dottor Ihaleakala Hew Len, psicologo hawaiano, che dopo essere stato assunto in un ospedale, lavorò sui pazienti riconoscendo la propria responsabilità nella loro malattia. Sarebbe meglio dire, dunque, che lavorò su di sé. Perché non visitò né ricevette nessuno: si limitò a leggere le cartelle cliniche dei pazienti e guarire quel lato di se stesso che faceva sì che quella patologia esistesse nella realtà:

Avevo sempre inteso la "responsabilità totale" nel senso che sono responsabile di ciò che penso e faccio. Quanto va oltre a ciò, è fuori dalla mia portata. Penso che la maggior parte della gente pensi alla responsabilità totale in questi termini. Siamo responsabili di ciò che facciamo, non di ciò che fa una qualunque altra persona. Il terapeuta Hawaiano che curava quelle persone malate di mente mi avrebbe insegnato una nuova prospettiva avanzata riguardo alla responsabilità totale. Il suo nome è Dr. Ihaleakala Hew Len. Abbiamo trascorso circa un'ora a parlare, durante la nostra prima telefonata. Gli chiesi di raccontarmi la storia completa del suo lavoro come terapeuta. Mi spiegò che aveva lavorato al Hawaii State Hospital per quattro anni. Quel reparto dove tenevano i pazzi criminali era pericoloso. Gli psicologi si dimettevano dopo un mese. I dipendenti si davano spesso per malati o si dimettevano direttamente. La gente attraversava il reparto con le spalle al muro, nel timore di essere attaccata dai pazienti. Non era un luogo piacevole in cui vivere, lavorare, o da visitare. Il Dr. Len mi disse di non aver mai visto i pazienti. Concordò di avere un ufficio e passare in rassegna le loro cartelle. Mentre guardava le loro cartelle, lavorava su sé stesso. Mentre lavorava su se stesso, I pazienti iniziavano a guarire. Dopo alcuni mesi, ai pazienti che dovevano essere legati, era concesso di camminare liberamente, mi disse. Altri, a cui venivano somministrate grandi quantità di farmaci, smettevano di prendere farmaci. E quelli che non avevano speranze di essere rilasciati, venivano liberati. Ero sgomento. Non solo, continuò, i dipendenti iniziarono a venire al lavoro volentieri. L'assenteismo ed il continuo ricambio di dipendenti ebbero termine. Ci ritrovammo con più personale del necessario, perché i pazienti venivano dimessi, e tutti i dipendenti si presentavano al lavoro. Oggi, quel reparto è chiuso. A quel punto, feci la domanda da un milione di dollari: Cosa facevi dentro di te, che causava il cambiamento di quelle persone? - Curavo semplicemente la parte di me che le aveva create, disse. Non capivo. Il Dr. Len spiegò che responsabilità totale per la propria vita significa che tutto nella tua vita, semplicemente perché è nella tua vita, è tua responsabilità. Letteralmente, il mondo intero è una tua creazione. E' dura da digerire! Essere responsabile di ciò che dico o faccio è una cosa. Essere responsabile di ciò che dice o fa chiunque altro nella mia vita è un'altra! Tuttavia, la verità è questa: se ti assumi la completa responsabilità della tua vita, allora tutto ciò che vedi, senti, assaggi, tocchi, o sperimenti in qualche modo è tua responsabilità, perché è nella tua vita. Ciò significa che l'attività terrorista, il presidente, l'economia, qualunque cosa sperimenti e non ti piace è in attesa che tu la guarisca. Non esiste, in un certo senso, se non come proiezione da dentro di te. Il problema non è nella cosa stessa, ma in te, e per cambiarla, devi cambiare te stesso. So che è duro da comprendere, accettare, e vivere concretamente. Il biasimo è molto più facile della responsabilità totale, ma, mentre parlavo col Dr. Len, iniziai a rendermi conto che guarire, per lui e nell'Ho'oponopono, significa amare te stesso. Se vuoi migliorare la tua vita, devi guarire la tua vita. Se vuoi curare qualcuno anche un criminale malato di mente lo fai guarendo te stesso. (Tratto da Zero Limits, Joe Vitale)
Fonte immagine: barbadillo.it

Persino i popoli nativi conoscevano il valore di tutto questo.


“Se sputi sul suolo, sputi su te stesso. Ciò che l’uomo fa alla terra, lo fa ai figli della terra”

(Capo Seattle, 1853).


Allo stesso modo, se giudichi l’altro, giudichi te stesso. Nel non riconoscerti responsabile, ti distacchi dal Tutto, da quello che i nativi chiamano Grande Spirito.


Gli Indiani dell’India conoscono e tramandano gli stessi concetti attraverso la Rete di Indra:

L’universo è come un’enorme rete che si estende all’infinito in ogni direzione, la rete di Indra, per includere ogni aspetto dell’esistenza, senza eccezioni. Al punto di intersezione di ogni nodo della rete c’è una lucente gemma dalla superficie riflettente. Ciascuna gemma riflette ogni altra, generando una vasta rete di sostegno che include tutto. Per quanto il loro numero sia infinito, nessuna gemma esiste senza le altre o può essere considerata a sé stante. Ciascuna di esse è interdipendente dalla presenza di tutte le altre. Se ne appare una, appaiono tutte. Se non ne appare una, non ne appare nessuna. Se comparisse un puntino nero su una qualunque delle gemme, comparirebbe su tutte. È una metafora molto antica. Contiene una verità fondamentale per capire cos’è la vita e il nostro rapporto col mondo: l‘interdipendenza di tutte le cose. Il fatto che siamo legati gli uni agli altri da legami indissolubili, che si estendono a tutti gli altri esseri e a ogni elemento dell’universo. (Fonte: Zen in the City)
Fonte immagine: thebachflowers.com

Tutto è Uno. Non è una frase fatta.

Non possiamo - a nostro avviso - continuare a dirci che facciamo parte del Tutto, che siamo uniti e interconnessi così come le antiche popolazioni del mondo già affermavano, per poi rifiutare ciò che quel "Tutto" ci mostra e rappresenta. E' un controsenso. E' restare sulla superficie delle cose, mentre di quel "Tutto" andrebbero accolti - compresi, integrati - sia il bello che il brutto, sia la luce che l'ombra (se così li vogliamo definire).

Perché quando diciamo di essere parti del Tutto - quel Grande Spirito dei nativi - non ci soffermiamo a osservare le numerose implicazioni di questa affermazione.

Perché io sono anche nella siccità, che rappresenta (anche) il mio bisogno di trasformazione (=acqua). E a insegnarlo è persino la tradizione tolteca.


Siamo il cosmo, perché se non lo fossimo non potremmo vederlo.

Tutto quello che noi vediamo, è perché lo siamo.

Possiamo percepire il mondo che è dentro di noi.

- Alessandra Comneno -


E ora veniamo al “bello".

“Quindi, fatemi capire… in sostanza, se uno mi pesta un piede che devo fare? Congiungo le mani e gli dico Namastè?”

Questo è un altro dei tranelli in cui si cade quando si parla di responsabilità.

Non è un invito a “porgere l’altra guancia” (un concetto, tra l’altro travisato nella sua accezione originaria).

Si può fare ciò che più si ritiene necessario, soprattutto osservare ciò che si smuove dentro. Ciò che importa è provare a comprendere che responsabilità abbiamo in quell’evento.

Quale parte di noi sta rispecchiando? Cosa, di me, si sta manifestando?



Foto di buy_me_some_coffee da Pixabay

E’ un piccolo assaggio di lavoro su di sé, ma è questo il processo. E questo passo ci toglie pian piano da dove siamo, da quel luogo in cui ogni cosa ristagna sempre uguale e nulla cambia mai davvero, perché non puoi cambiare l'esterno, puoi cambiare solo te stesso... E, se da un lato questo può sembrare scoraggiante, dall'altro - al contrario - diviene lo stimolo necessario al cambiamento, la scintilla che scocca e catalizza una trasformazione nel tuo modo di esperire la tua vita. Alla lunga ti libera, ti guarisce, se sei guidato nel percorso e sai come intraprendere questo incredibile (e difficile, certo) viaggio all'interno di te.

Siamo costantemente dominati dalle nostre ferite. Per lavorarle, servono la responsabilità e l'imparare a stare nello stato di tensione, non possiamo più crogiolarci in esse. Arriviamo a 60-70 anni che abbiamo ancora problemi coi genitori... Non è più possibile farci condizionare così tanto dai nostri traumi infantili, perché così facendo si continua a rimescolare quel putridume e si gode nel dare la colpa a qualcun altro.
"Eh, ma il mio progetto evolutivo avrebbe voluto che io facessi la sarta."
Bene, comincia pure a 75 anni! Non dare la colpa ai tuoi. Se ti ritrovi a fare la sarta a 75 anni, quel giorno in cui ti dedichi alla tua attività, a stare a contatto con la tua Anima, vale tutta la tua incarnazione! Smettiamo di dire "Io non ho potuto fare/essere quello che volevo per colpa di...". Adesso è responsabilità tua. Non c'entra più niente la tua storia passata. Non è più epoca di delegare. Le ferite sono la base nella nostra evoluzione. Mentre i talenti servono per manifestare l'Anima, le ferite sono quel processo che a essa conduce. Talenti e ferite collaborano. Impariamo, allora, a dire: "Nonostante le ferite, io mi manifesto." (Da un discorso di Giorgia Sitta, psicologa e ricercatrice alchemica, che puoi ascoltare per intero cliccando qui)

E' da qui che intendiamo partire sempre con ciò che condividiamo, divulghiamo e insegniamo.

Perché crediamo sia bello, oltre che importante, riuscire a liberarci da tutti quei nodi (grandi o piccoli che siano) che ogni giorno ci attanagliano e che, invece, sono spesso la fatidica "fessura nel buio dalla quale entra la luce".



ATTENZIONE! Per tutto quanto detto nel presente articolo e per via della delicatezza di certe tematiche e di taluni processi ai quali si può andare incontro, consigliamo vivamente di non svolgere questo lavoro in autonomia, ma di farlo con la supervisione di una guida esperta, che conosca i processi interiori e li faciliti.





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