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Iside e Osiride: un mito di resurrezione, iniziazione ed equilibrio

Nell’antico Egitto, oggi sarebbe stato il primo dei diciotto giorni dedicati alla cerimonia funebre di  Osiride. Quello che vi riporto oggi è uno dei miti più belli e famosi della storia dell’umanità ed è legato a una divinità centrale dell’Egitto dei  faraoni. Il mito contiene simboli dal significato profondo e, per aiutarvi a comprenderli meglio, ho speso qualche riga alla fine del post per spiegarvene l’interpretazione.

La natura africana dell’Egitto faraonico genera miti e leggende, storie capaci di far sognare intere generazioni, di proporre archetipi per ogni situazione. L’Egitto è la patria degli dei. Tra l’azzurro del cielo e le acque cristalline del Nilo, tra il nero limo e il deserto rosso, si svolse la storia più bella del mondo: quella di Iside, del suo sposo Osiride e del loro figlio Horo.

Siamo nelle lontane epoche dell’Età d’oro, quando sulla Terra regnavano la pace e la felicità. L’Egitto era saggiamente governato dal dio buono e perfetto Osiride. Egli aveva insegnato agli uomini a non vivere più come animali selvatici, aveva donato loro il frumento e tutti i frutti della terra; aveva seminato in essi l’idea nuova della felicità.

Osiride amava teneramente la sua sposa, l’incantevole Iside, e accanto a lei, le notti erano ancora più dolci dei giorni. Nulla mancava a questa coppia modello e i secoli trascorrevano senza scosse. I raccolti si susseguivano abbondanti, i flauti imitavano la brezza del Nord e i tamburelli dei danzatori ritmavano la gioia delle feste.

Ma qualcuno, nell’immensità del deserto, rimuginava lugubri pensieri che sollevavano minacciose nuvole di sabbia. Questo essere tormentato si chiamava Seth; fratello di Osiride, egli aveva ricevuto come sua quota di territorio le zone che fiancheggiavano a Est e a Ovest la verdeggiante contrada attraversata dal Nilo. Con il passare del tempo, in lui si era insinuato il più perfido dei sentimenti: la gelosia. Così, concepì un piano spregevole: assassinare il fratello e la sua sposa per regnare da solo su un territorio immenso di cui sarebbe stato despota feroce.

Mellifluo e falsamente amabile, egli invitò Osiride a un banchetto tra gli altissimi muri del suo palazzo. Il destino era in agguato e Osiride si recò fiducioso a questa festa che presto si sarebbe trasformata in tragedia.

Al centro della tavola, ornata di rami d’olivo, ciotole di alabastro traboccavano di melagrane e di grappoli d’uva matura; il vino mandava bagliori dal fondo delle coppe; dei pani dorati e croccanti emanavano dolci fragranze di anice e sesamo.

Turbata da oscuri presagi, Iside preferì declinare l’invito, ma non poté convincere il suo sposo a restare con lei. Osiride sapeva che il fratello era suscettibile e non poteva rischiare di umiliarlo.