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Le fiabe iniziatiche: un tramite tra Anima e materialità

L’essere umano ha sempre raccontato storie, basti pensare alle incisioni rupestri e ai graffiti di epoca preistorica, alla mitologia delle antiche civiltà, per arrivare fino ai giorni nostri, con il cinema, il teatro, i romanzi e via dicendo. La narrazione, dunque, è un bisogno profondo dell’essere umano.

Le fiabe, i miti e le leggende di un tempo avevano lo scopo di intrattenere i membri della famiglia durante le lunghe e fredde giornate invernali, ma avevano soprattutto un intento didascalico: insegnavano ad affrontare la vita con i suoi pericoli e le sue avversità, ci si identificava con l’eroe e le gesta di quest’ultimo erano esempi da imitare. Si trattava di narrazioni tramandate oralmente, che non facevano che riprodurre gli schemi dei riti iniziatici e venivano recitate con enfasi, a tratti in modo molto teatrale.

raccontare storie

Ancora oggi ci si incanta ascoltando qualcuno che racconta. La parola incantare (dal latino in-cantare, cantare su o a proposito di… al fine di creare) è collegata al canto, che permette di sintonizzarsi su una frequenza diversa, di percepire i messaggi dell’anima, e non più quelli della propria mente offuscata dalla materialità. In verità è impreciso dire di stare ascoltando una fiaba, sarebbe più giusto dire di stare ricordando delle idee innate, presenti in ognuno di noi per istinto.

Abbiamo detto che le storie servivano – e servono ancora – a intrattenere la famiglia, il clan. A differenza di quanto si possa pensare, l’intrattenimento non è solo sinonimo di divertimento, né tanto meno di “perdita di tempo”. Vediamo, dunque, il vero significato del verbo intrattenere: viene dal latino inter-tenere, tenere insieme. In questo caso si parla di tenere insieme le persone al fine di raggiungere bellezza e piacere; esse sono il “collante” che permette all’incanto di verificarsi. Ogni ascoltatore permette agli altri – e a se stesso – di rimanere nello stato psichico necessario per recepire i messaggi dell’anima, uno stato benefico per il cuore, divertente. E il divertimento rinvigorisce, risana, rivivifica lo spirito.


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Le fiabe che narriamo oggigiorno non sono che un’eco lontana di quello che dovevano essere in origine. Con l’età moderna molte storie classiche (come Cenerentola, La Bella Addormentata nel Bosco…) sono state modificate, riadattate al pubblico infantile e rese meno cruente, perché ritenute inadatte alle orecchie e agli occhi innocenti dei bambini.

Si ha la tendenza a credere, infatti, che i più piccoli debbano essere tenuti lontano dal turbamento, mentre si crede che si debbano raccontare loro storie che permettano di sognare e di vedere i loro desideri realizzati in una realtà altra, dove tutto è possibile. In questo modo il bambino viene avvicinato solo al lato buono, positivo e felice della realtà. Eppure sappiamo bene che la vita di tutti i giorni non è certo una favola. Così facendo, noi adulti precludiamo al bambino la possibilità di elaborare le informazioni preziose celate nelle storie, impediamo lui di imparare dagli errori, dalle ansie, dalle paure e dai drammi dell’eroe ad affrontare i propri.

Nelle fiabe il protagonista si trova spesso a dover superare delle prove, dimostrando così il proprio valore: solo allora riceverà il meritato premio. Le avventure degli eroi sostituirono pian piano i primitivi riti di passaggio dall’età infantile a quella adulta e, per questo, ne riproducevano la crudezza.


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Il nemico, a tal proposito, non incarnava sempre e solo il male: spesso il suo scopo era proprio quello di testare l’iniziando, di mettere alla prova le sue vere capacità, il suo coraggio, per permettergli di tirare fuori il meglio di sé. L’antagonista simboleggiava spesso la Madre Terra nel suo aspetto più duro e feroce, colei che dà la vita, ma che può anche toglierla all’improvviso.

Vita e morte sono temi assai ricorrenti nelle fiabe, soprattutto quelle iniziatiche, perché sono i due valori sui quali da sempre l’uomo si interroga, fin dall’alba dei tempi.

Le fiabe parlano al nostro inconscio tramite simboli archetipici, vale a dire con un linguaggio di cui non siamo pienamente consapevoli a livello conscio, ma che comunica in modo diretto alla nostra anima. Il simbolo svolge il compito di tramite tra uno stato psicologico e un altro, permettendoci di trasformarci, di passare da uno stato all’altro con più facilità. “Se il linguaggio dei simboli è la madrelingua della vita creativa, allora le storie ne sono il filone madre“, scrive Clarissa Pinkola Estés.


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Va da sé che più si cresca e più aumentino gli strati di interpretazione delle storie, cosicché i precedenti compenetrino i seguenti e viceversa. Le fiabe sono fonti di rigenerazione alle quali possiamo affidarci per risolvere problematiche esistenziali di grande o di piccola portata.


Bibliografia di riferimento:

  1. I desideri dell’anima, Clarissa Pinkola Estés.

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