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Il Cervo, fiero e gentile sovrano dei mondi

Sentirlo bramire in Autunno, nella sua stagione degli amori, è una delle esperienze che più ci connette alle nostre ataviche e selvagge radici. Il Cervo, come il Lupo e l’Orso a cui è strettamente legato, è uno degli animali che incarna in modo diretto l’archetipo dello spirito selvatico libero e forte, e per molte culture rappresenta un potente messaggero dell’Oltre.

Il nome di questo animale per molte culture ha sempre avuto il significato generico di “animale selvatico”, e questo ci fa comprendere come il Cervo sia strettamente connesso con la selvatichezza, con l’idea della vita inviolata di una natura vergine, integra.

In contrapposizione a ciò, tuttavia, c’è il fatto che questo animale, considerato Re della Foresta per la maestosità del suo portamento, è da sempre oggetto principale della caccia per mano dell’uomo, fin dagli albori, caratteristica che ha fatto nascere intorno a questa figura una profusione di miti e leggende riguardanti proprio il mondo venatorio.

Il folklore, infatti, trabocca di storie di re e cacciatori che, per seguire un cervo o una cerva si sono perduti nel bosco e hanno finito per vivere meravigliose e strabilianti avventure. Ne sono un esempio i racconti di Re Artù e dei suoi cavalieri, ma anche delle gesta irlandesi dei Fianna. Proprio a causa di un cervo, Sir Galvano finì per immergersi in vicende inaspettate e impreviste. E fu una donna sidhe, trasformata in cerva dalla maledizione di un druido meschino, a mettere al mondo il grande bardo Ossian, figlio del mitico eroe irlandese Fionn MacCumhaill (se vuoi saperne di più riguardo la figura di Ossian, ti consiglio di leggere il mio articolo “Ossian e Niamh, tra Spirito e Materia“). Il condottiero la incontrò proprio durante una battuta di caccia, risparmiata dai cani di lui poiché ne avevano riconosciuto la natura umana.

Queste e altre storie contengono una morale assai interessante su cui soffermarsi, che fa parte del messaggio energetico di questo mammifero: coloro che non cacciano per aggressività e per infliggere la morte, ma per conoscenza, possono essere condotti sempre più in profondità nel cuore della foresta e a incontri con il Mondo Altro, quel regno fatato che è dimensione dell’Anima e dello Spirito, contrapposti alla materia e alla carne.

Ma il Cervo non è importante solo nelle storie e nei racconti, bensì anche a livello spirituale: Buddha assume spesso la forma di questo animale, ad esaltare il suo messaggio di innocenza e di ritorno alla natura. Giunse a rappresentare persino il Cristo per i principi di resurrezione che ispira in chi impara a conoscerlo oltre l’aspetto meramente terreno che Madre Natura gli ha dato.

I palchi di corna crescono solo sugli esemplari maschi e si rinnovano ogni anno. Hanno funzione fortemente protettiva, se si considera che crescono proprio dietro gli occhi dell’animale e che lo aiutano a difendersi in caso di attacco o durante le lotte con i rivali. Inoltre, sono paragonabili ad antenne che connettono a più alti piani di armonizzazione. A livello totemico, la presenza delle corna può essere indicativa dell’attenzione da prestare ai pensieri più intimi e alle percezioni, alle intuizioni; data la crescita progressiva di anno in anno dei palchi, il cervo indica la ricerca di espansione in chi possiede questo totem. Visto il rinnovamento annuale delle corna, il Cervo ha finito per simboleggiare la vita che ringiovanisce continuamente, la rinascita e la ciclicità del Creato. Ecco perché questo animale divenne rappresentante diretto del mondo divino, arrivando a incarnare déi e dee. La sua forza è in perfetta sintonia con i ritmi naturali e le sue corna sono un’immagine limpida del ciclo di Vita-Morte-Rinascita, che lo ha reso un simbolo magico e potente di longevità e abbondanza, soprattutto per la caratteristica vegetale – quella delle corna così simili a rami – accostata a un rappresentante del regno animale.

I sensi dei cervi sono molto acuti. Gli occhi sono in grado di percepire movimenti anche a notevoli distanze e sanno captare contorni e contrasti anche in condizioni di scarsa visibilità. Lo stesso accade coi sensi dell’udito e della vista di chi ha questo totem.

Il Cervo si mostra quando è tempo di coltivare la gentilezza per se stessi e per gli altri, di risvegliare una nuova freschezza e nuove avventure da intraprendere con la stessa innocenza dei cuccioli e dei bambini.

Il maschio vive un’esistenza per lo più solitaria contendendosi gli harem di femmine con altri pretendenti, con i quali ingaggia furiose battaglie a suon di cornate. Per queste caratteristiche, il cervo rappresenta sicuramente anche l’orgoglio, la fierezza e la fermezza, quelle che fanno di lui un vero Re, insieme a un innegabile bisogno d’indipendenza che si mescola non di rado con quello di solitudine e del portare avanti progetti e ideali in compagnia di se stessi. L’essenza del Cervo parla della caparbietà e della forza nel difendere il proprio territorio e i propri indiscutibili diritti e bisogni fondamentali, come quello di riprodursi e di assicurare non solo protezione al proprio nucleo familiare, ma anche una prolifica discendenza della specie. Questo, a livello energetico, si traduce con il bisogno di affermarsi, di riconoscersi forti e fieri sovrani del proprio mondo, centrati e fortemente connessi non solo con i piani più alti e sottili (indicati dalla corona di corna), ma anche di quelli terreni e materiali, laddove chi ha questo totem pro-crea, in-semina progetti e idee affinché trovino la strada per far germogliare il Tutto. Gli esemplari maschi, per la possanza, l’agilità e il vigore, inoltre, sono diventati simbolo del guerriero e di colui che combatte con coraggio.

Le cerve, invece, incarnano la grazia e la gentilezza del principio femminile. Sono state considerate messaggere dell’Altromondo in grado di condurre al regno delle Fate: invitano, infatti, a guardare oltre il materiale e la superficialità per giungere al cuore delle cose, alle cause piuttosto che agli effetti. Invitano all’esplorazione della dimensione spirituale dell’esistenza. Le femmine di cervo erano particolarmente sacre ai Druidi e ai Celti. In Scozia si credeva fossero allattate dalle fate sulle vette montuose e che fossero in verità fate che avevano scelto di assumere forma animale. Sempre in Scozia si raccontava che esistessero tre grandi dee che si prendevano cura di questi animali fatati, chiamate Cailleach: una viveva sulle montagne, un’altra aveva il compito di proteggere le femmine dai cacciatori, mentre alla terza spettava allattarle e farle pascolare sulle colline e nelle foreste. Nelle leggende irlandesi, invece, la cerva rappresenta spesso il legame con la terra e con la Grande Dea, che doveva essere rispettato soprattutto dai capoclan e dai sovrani. Era identificata spesso con Flidhais, dea irlandese di tutto ciò che è selvaggio, simile alla mediterranea Diana. Ella era corrispettiva delle tre dee-streghe scozzesi, poiché accudiva i cervi tanto da divenirne la divinità.

The Enchanted Forest by John Anster Christian Fitzgerald, (1819 - 1906) |  Vintage fairies, Art, Art prints

The Enchanted Forest, John Anster Christian Fitzgerald.

Nella tradizione celtica i cervi erano chiamati “tori delle fate” o “bestiame della Dea”. Per il loro carattere di intermediari tra il mondo umano e quello divino/fatato, divennero presto psicopompi, accompagnatori di anime da un regno all’altro. Ecco, dunque, che questo ruolo li accosta facilmente al periodo di Samhain, momento dell’anno in cui il velo tra i mondi si fa più sottile, consentendo scambi tra le dimensioni.

Il Cervo porta qualità di maestosità e integrità, offre un nuovo senso dell’equilibrio e di protezione. Meditare su questo archetipo nei momenti di vulnerabilità aiuta a trovare la forza, la centratura e la sicurezza in se stessi. Questo animale è fortemente iniziatico, tanto che nell’alfabeto arboricolo celtico Ogham è associato alla Betulla, la prima lettera e l’albero che più di ogni altro benedice i nuovi inizi. Per questo, i cervi sono di buon auspicio quando si è in procinto di dare il via a qualcosa di nuovo. Inoltre, sono animali connessi alla fertilità, alla sessualità, come ci tramandano l’arte rupestre e l’artigianato preistorico, secondo cui la testa coronata dai palchi del cervo era espressione dell’utero per la sua somiglianza con esso, ma anche delle acque e delle fonti, che rimandano alle doti creative e vitali della Grande Madre dei primordi.

Pitture rupestri spagnole, 6.000 a.C.. Fonte immagine: wikipedia.

In tempi più recenti, il Cervo è stato associato al dio Cernunnos, signore degli animali e delle foreste, raffigurato come un uomo con le corna. Anch’egli, come l’animale di cui porta gli attributi, è associato alla fertilità e alla sessualità, alla caccia e al raccolto. Talvolta è visto anche come il Signore della Caccia Selvaggia che trasporta gli spiriti dei defunti nell’Altromondo. Questo dio celtico sembra essere stato presente fin dal mesolitico, poi utilizzato dal cristianesimo per forgiare l’immagine per antonomasia del Diavolo, demonizzando così la spiritualità primeva, incentrata sulla natura e sulle sue forze. Nelle nostre zone alpine, soprattutto quelle di cultura occitana, ha assunto il nome e le sembianze di Lou Barban.

Se nella vostra vita o nel vostro cammino spirituale doveste incontrare un Cervo, fate tesoro dei suoi insegnamenti, delle sue energie e dei suoi messaggi per voi, e state pur certi che qualcosa di nuovo e di assai potente di prospetta nel vostro immediato futuro.

Con selvatica libertà.



Le immagini prive di didascalia sono state tratte da Pixabay

Fonti:


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