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In equilibrio tra Bene e Male

Ultimamente i miei studi, le mie passioni e il mio lavoro interiore mi hanno portata a riflettere sulla concezione universale di Male. Mi interesso di antiche culture e tradizioni, ormai lo sapete, ed è curioso notare una sorta di fil rouge presso ogni popolazione antica che riguarda proprio quella che viene considerata l’antitesi del Bene e oggi vorrei portarla alla luce.

bene e male

L’antichità pullula di racconti di lotte tra le forze benefiche e malefiche, due fazioni, due schieramenti apparentemente opposti. Nella letteratura, nell’arte, nella mitologia, nelle spiritualità antiche c’è un rincorrersi di questi due “colossi”, eppure tutto il mondo antico pare essere d’accordo su alcuni concetti a noi oggi estranei:

  1. Il Bene non può sconfiggere il Male e il Male non può sconfiggere il Bene. Rappresentano due forze che non possono prevaricare l’una sull’altra, ma hanno il dovere di rimanere in equilibrio. Un esempio di questo concetto è rappresentato da un episodio della mitologia egizia, in cui il dio del sole e della luce, Horus, non uccide il malvagio Seth: è sua premura rimetterlo al suo posto, ma lo mantiene in vita, nonostante egli abbia ucciso suo padre Osiride. Persino l’onnipotente Dio cristiano, chissà perché, non si sbarazza di Satana.

horus e seth - bene e male - luce e buio
  1. Non tutto ciò che appare come Male è sempre da considerarsi tale. Ciò che l’uomo reputa talvolta come malevolo rappresenta in realtà la spinta verso l’Evoluzione, la Crescita e una nuova vita. Non a caso molte divinità antiche legate all’Oltretomba erano in realtà iniziatrici, così come lo erano i personaggi negativi delle fiabe.

  2. La morte, che oggi associamo a qualcosa di negativo e temibile, un tempo era rispettata e affrontata con naturalezza, come testimoniano certe antiche usanze praticate anche nel nostro Paese (si pensi alla figura dell’Accabadora sarda). Vita e Morte, come Bene e Male, non erano in antitesi, ma in equilibrio, tanto che alcune divinità che rappresentavano l’una erano strettamente connesse anche con l’altra. Mi viene in mente la Morrigan irlandese nel suo aspetto di dea della fertilità e al contempo divinità della guerra e della morte.

morrigan

Illustrazione di Courtney Davis


La netta distinzione tra queste due forze, dunque, sembra essere un prodotto ad appannaggio della sola nostra modernità, in cui l’uomo tende a separare, anziché unire, a giudicare invece di comprendere (inteso nel senso di “prendere con”, abbracciare, accettare). E irrimediabilmente questo schema si riproduce in ogni ambito, riversandosi nelle nostre vite sotto diverse sfaccettature.

bianco e nero

Questo modo di concepire le cose obnubila la nostra vista e i nostri sensi, facendoci vedere tutto bianco o tutto nero, senza sfumatura alcuna nel mezzo. Applichiamo questa forma mentis anche a quello che appartiene alle epoche passate, credendo di conoscere alcune cose, mentre invece ne vediamo solo la parte più superficiale. E così l’Anubi egizio è solo il dio della morte, non più l’iniziatore ai segreti dell’Universo che era un tempo. La Morrigan celtica è solo la regina della guerra e i suoi corvi sono solo forieri di morte e sventura. Il Lucifero cristiano è solo Satana, l’incarnazione di ogni male. Non vediamo che oltre tutto questo si celano insegnamenti ben più profondi, complessi e preziosi.

corvo

Laddove il nero è considerato colore del lutto, per altri è associato invece al ventre materno in cui il miracolo della Vita si rende possibile, reale. E allora quel nero di cui  oggi abbiamo tanta paura diviene simbolo di fertilità, magia, principio di ogni cosa. C’era un motivo se per i Celti l’anno iniziava nel periodo più buio dell’anno, a Samhain (31 ottobre) e non già ad aprile come per altre culture. E il giorno non principiava dal sorgere del sole, ma dal suo tramonto. I Celti erano profondamente consapevoli che alla morte apparente di quel momento dell’anno e del giorno sarebbero seguite la vita e la luce, così come per gli esseri umani l’esistenza terrena inizia al buio, tra le ossa del bacino di una madre, immersi nel liquido amniotico. Questa dualità vita-morte, luce-buio, bene-male non poteva e non può essere distinta o scissa perché rappresenta in verità l’Unità, il ciclo di tutte le cose, due apparenti facce di una stessa medaglia.

yin-yang

Ci inganniamo, dunque, nel voler catalogare ciò che rientra nel bianco e ciò che invece va messo nel nero. E così, quando nella nostra vita capita qualcosa che reputiamo spiacevole, brutto e dannoso in realtà non vediamo quello che c’è oltre, non ne scorgiamo il potenziale trasformativo.

La crisi esistenziale a cui ci capita di andare incontro in diverse fasi della vita è considerata nociva: “Eh, sai… in questo periodo sono un po’ in crisi…”, diciamo con lo sguardo spento, le spalle ricurve e l’espressione floscia, come fosse la disgrazia peggiore che potesse capitarci.

crisi

Siamo in crisi con il lavoro, con le mogli e i mariti, con i figli, con i nostri ideali. In crisi economica, in crisi per tutte le aspettative e i sogni infranti, in crisi per tutti i fallimenti collezionati negli anni.

Ci disperiamo. E invece dovremmo gioire.

La crisi, quella che ci fa tanto male, non è altro che una pulizia profonda, uno schiaffo benevolo da parte della nostra Anima per farci comprendere che qualcosa deve cambiare e sta cambiando, che è necessario smettere di resistere a tale cambiamento e abbandonarvisi come un tronco trasportato dalla corrente. La crisi arriva quando ci si dimentica della propria libertà, del proprio Sé, è un fuoco che giunge per bruciare tutto il superfluo e, col suo calore incendiario, fertilizzare il terreno per il nuovo che verrà.

fuoco

Cambiare prospettiva è difficile, ma non impossibile, ed è utile a non giudicare, a comprendere quello che ci circonda, ascoltando la voce dell’Anima che anneghiamo con le nostre paure e con le convinzioni deleterie di cui siamo superaccessoriati. Il discorso fatto per la crisi vale per ogni altro aspetto reputato negativo dall’essere umano e, quando si impara a vedere un potenziale di crescita e cambiamento in ogni cosa che comunemente viene definita come “male”, la vita cambia, la ruota inizia a girare in un verso differente e tutto si appiana. Perché (non mi stancherò mai di dirlo) non siamo esseri separati gli uni dagli altri, ma parte del Tutto, di un flusso energetico che ci vorrebbe creatori attivi e non vittime passive e inermi di un fantomatico destino.

tree of life

Concludo questa riflessione con un brano tratto dal libro “La Via del Guerriero di Pace” di Dan Millman.

“Socrate ha un messaggio per te, Danny. Mi ha chiesto di raccontarti questa storia”. Chiusi gli occhi e ascoltai.

Un vecchio contadino e suo figlio avevano una piccola fattoria e un unico cavallo per tirare l’aratro. Un giorno, il cavallo scappò. “Che disgrazia!”, dissero i vicini. “Che sfortuna!”. “Chissà se è sfortuna o fortuna”, rispose il contadino. Una settimana più tardi, il cavallo ritornò assieme a cinque giovani puledri. “Che fortuna!”, dissero i vicini. “Fortuna o sfortuna? Chissà”, disse il contadino. L’indomani il figlio, mentre tentava di domare uno dei cavalli, cadde e si ruppe una gamba. “Terribile. Che sfortuna!”. “Fortuna? Sfortuna? Chissà”. Arrivarono degli ufficiali dell’esercito per arruolare i giovani e mandarli in guerra. Ma il figlio del contadino aveva una gamba rotta e non lo presero. Era bene? Era male?



[Le immagini dell’articolo prive di didascalia sono state tratte da Pixabay]


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