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"Poi lo faccio": pigrizia e procrastinazione



Hai anche tu un modo di dire preferito per rimandare qualcosa che non vuoi fare? “Poi lo faccio”, “appena me la sentirò, lo farò”, “c’è sempre tempo”...

per non parlare dell’evasivissimo “poi vediamo”. Ma vediamo cosa?



Come avrai intuito, parliamo di procrastinazione in tutte le sue declinazioni più fantasiose.

Eh sì, perché in fondo ci vuole anche tanta fantasia per inventare le scuse più disparate per non svolgere un compito che magari è pure semplice.


Proviamo ad arrivare, togliendo uno strato alla volta, alla causa che scatena questo tipo di atteggiamento, di cui più o meno tutti noi abbiamo fatto esperienza almeno per un periodo della nostra vita.


Chi è abbonato alla procrastinazione di solito è una persona completamente immersa nello schema della vittima della vita. Nemmeno si accorge più del meccanismo subdolo che avviene dentro di lui quando rimanda un compito, è la normalità, perlomeno la sua normalità, perché per lui il mondo è un’entità esterna… di cui lui fa parte, sì, ma un po’ per caso.

E questo mondo è ingiusto, soprattutto con lui, che si attrae tutte le sfortune del mondo (inconsciamente). Essendo il mondo un’entità esterna, separata, automaticamente ogni evento che riguardi questa persona diventa imprevedibile, dettato da caso o fortuna ed è assolutamente immodificabile. Se sorge un problema, nella maggior parte dei casi sarà irreparabile, fuori dalla sua portata e sarà fonte di preoccupazione, di ansia sensazioni sì spiacevoli, ma che per una persona abituata a pensare che ogni azione è al di fuori della propria portata e va al di là delle proprie forze, diventano normalità. La negatività, la “sfortuna”, l’ansia e addirittura il malessere fisico si cronicizzano a tal punto che la persona in questione non si accorge nemmeno più di non stare bene fisicamente o emotivamente se non per qualche raro sprazzo di coscienza… in altri casi decide di far ricorso a psicofarmaci o a sostanze che vanno a tamponare quel dolore e quella sensazione di impotenza e che vanno a “normalizzare” il suo modo di essere. Una volta creata quella bolla di protezione, quella che spesso chiamiamo zona di comfort, uscirne sarà davvero un’impresa (non impossibile).



La vittima della vita e della procrastinazione non si accorge di far parte di un disegno più grande, non si accorge che tutto ciò che gli accade è in realtà frutto del suo pensiero conscio o inconscio e continua imperterrita a rimandare ogni cosa che non le va a genio.


Ma più concretamente, quali sono quelle cose che tutti noi, chi più chi meno, rimandiamo di continuo? Alcuni esempi possono essere dal più piccolo “alzarsi dal divano per spegnere la luce” o “riordinare una stanza” ai più impegnativi “iniziare a fare sport”, “lasciare un lavoro frustrante” e “chiudere un rapporto disfunzionale”.


Vi riconoscete in questi schemi?




Se andiamo un po’ più a fondo della questione ci possiamo ben presto rendere conto che la procrastinazione di per sé non potrebbe esistere se non fosse mossa da un’energia. Come tutto, del resto.


Sul gradino di consapevolezza successivo a quello di vittima, apriamo un po’ gli occhi e riconosciamo finalmente l’esistenza di un disegno più grande, iniziamo a comprendere che la realtà è frutto del nostro pensiero. Al contempo non siamo ancora così bravi, non abbiamo ancora accumulato abbastanza esperienza da modificare questi nostri comportamenti deleteri.


Continuiamo a procrastinare, ma iniziamo a farci delle domande e la più importante è “perché lo faccio”? O meglio ancora “qual è l’energia che mi muove in quella direzione”?


Iniziamo a notare e poi a riconoscere.


La più ovvia pigrizia è sicuramente la prima delle cause a cui possiamo pensare… ma a volte, dietro di lei si nasconde altro...



La pigrizia la conosciamo bene: è un voler stare sempre comodi, non voler fare sforzi fisici o mentali perché si sta tanto bene nella propria confortevole nicchia, “al calduccio”.

Anche se esistono disfunzionalità, malesseri.

Mentalmente ciò che ci diciamo è che non c’è nulla in quel momento che possa farci stare meglio, nessuno sforzo fisico, mentale o emotivo vale di più della nostra zona di comfort. E non ci accorgiamo che quella zona di comfort, quella stasi, ci distrugge lentamente. Perché la vita è movimento e noi, stando fermi, creiamo un attrito che fingiamo di non sentire, ma che inevitabilmente, a lungo andare si manifesterà davanti ai nostri occhi, nella materia, sottoforma di negatività. Se siamo abbastanza svegli, ci renderemo conto che quel malessere o quell’avvenimento “negativo” ce lo siamo creati proprio noi e magari cambieremo rotta… se siamo completamente addormentati, vittime di noi stessi, sprofonderemo ancora di più in quel vortice di negatività apparentemente incontrollata.



Stretta parente della pigrizia è l’ignavia: a volte le due sono così intrecciate da non riuscire più a distinguerle.


L’ignavia è quell’atteggiamento che ci porta a preferire la non azione in tutte le situazioni in cui è necessaria una scelta. L’ignavia ci suggerisce di NON decidere, di rimanere nel mezzo, perché prendere una decisione è uguale ad agire e agire significa quasi sempre mettersi in gioco, rischiare di perdere ciò che è conosciuto, la nostra nicchia sicura, per entrare in nuovi territori, nell’ignoto. E noi atavicamente abbiamo paura di ciò che non conosciamo. La definiamo più subdola della pigrizia perché lei ama travestirsi: l’ignavia ama fingersi diplomazia, umiltà, generosità. Lascio che sia l’altro a scegliere, lascio che sia “il caso” a scegliere per me, io non ho esigenze particolari, a me va bene tutto. E invece no! Ad Anima non va bene tutto, Anima è schietta, diretta e sa ciò che vuole. Sempre!



La non decisione o l’inazione sono spesso figlie dell’ignavia. Ed entrambe sono strettamente collegate all’attaccamento.


Tornando a quel “lo faccio più tardi”, viene ora spontaneo chiederci come possiamo renderci conto se dentro di noi quel non agire e quel non decidere siano mossi da energie basse come la pigrizia, l’ignavia e l’attaccamento, successivamente, come possiamo trasmutare queste energie nella loro ottava alta: costanza, volontà, libertà.



Serve innanzitutto tanta umiltà. Serve assumere un atteggiamento responsabile nei confronti della vita, guardare il mondo dall’alto per renderci conto che c’è davvero un disegno più grande, che ogni cosa che accade ha un senso profondo, dal più piccolo evento del quotidiano ai più grandi avvenimenti che riguardano interi popoli. E di tutto ciò siamo NOI ad avere responsabilità, nel nostro piccolo. Perché siamo NOI a creare la nostra realtà, che lo vogliamo o meno. (Puoi approfondire leggendo questo articolo: "Sono davvero responsabile di ciò che accade?")


Il passo successivo sarà quello di osservare le nostre emozioni ogni volta che rimandiamo quel qualcosa e di osservare le scuse che ci inventiamo. Possiamo anche compiacerci della fantasia e dell’immaginazione che adoperiamo per inventare e raccontare simili storie a cui noi stessi finiamo per credere! Perché no? In fondo c’è del talento vero!!

Ma una volta fatto questo lavoro, una volta osservati tutti questi atteggiamenti per un periodo di tempo prolungato, inevitabilmente qualcosa si “spezzerà”: una falsa credenza, un atteggiamento deleterio, uno schema comportamentale… pian piano verranno a galla quelle caratteristiche, quei comportamenti che nemmeno vedevamo più, che erano parte della nostra “normalità” e sì, farà male… ma noi saremo sempre più pronti per affrontare la nuova realtà che si aprirà davanti a noi come fosse un portale magico verso mondi che non credevamo esistere.



Dopo mesi o anni, la realtà che pensavamo facesse parte solo di qualche film fantasioso diventa pian piano anche la nostra realtà: ora non è più la nostra macchina biologica a decidere per noi. Ora siamo noi, come Anime, a decidere se ci conviene svolgere subito quel compito o se possiamo rimandarlo. Quel posticipare non sarà più procrastinare. Diventare padroni della propria Anima è un lavoro lungo, spesso tortuoso e doloroso. Ma quel dolore è spesso il carburante che ci aiuta a muovere il passo successivo, che ci spinge a prendere in mano la torcia e a puntarla verso quell’ombra che ci incuteva tanto timore.




A volte si tratta di un attimo, altre volte è un lavoro lungo una vita… ma il premio è così grande che ogni sofferenza, anche prolungata, sarà valsa anche un solo istante di gloria.


Tutte le immagini presenti in questo articolo sono prese da Pixabay ad uso gratuito, tuttavia, ne riportiamo ugualmente qui l'autore: vika-glitter - minkewink - darksouls1 - albertoamaretto - anemone123 - robinhiggins - greyerbaby


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