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Il Linguaggio delle Colombe

In questo periodo, oserei dire tragico sotto diversi aspetti ben più gravi del Covid-19, che ci ha unito a livello mondiale, la Paura è stata (ed è ancora) il collante che ha saldato assieme le genti.

Evitiamo di pensare a persone abbracciate tra loro pronte ad affrontare il nemico, evitiamo di immaginare fantastiche scene di scozzesi, fedeli servitori di William Wallace contro il Re inglese carichi di orgoglio e coraggio, evitiamo di credere alla bontà d’animo, all’aiuto reciproco, al perdono, al silenzio… non c’è stato nulla di tutto questo.


A sommergere gli animi è stato il terrore, il popolo era malato di spavento e la bontà appartiene agli impavidi perché il cuore, dove lei trova sede, è un organo cazzuto.

A insinuarsi tra quelli che definiamo umani, l’angoscia. Quella fatta di pece, che ti si appiccica addosso, e mentre cola via, senza mai abbandonarti, ti trasforma in un essere che non eri. Che non sei.


Il Demone della Paura trasforma, aliena, rende mostri.

Si potrebbe dare la colpa al Sistema, alla comunicazione, al terrorismo mediatico, invece non sono d’accordo. Direi che ognuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. Tutti noi abbiamo aperto la nostra porta alle notizie ma c’è chi ha scelto quali messaggi lasciar entrare, c’è chi ha valutato e chi non si è lasciato modificare, come pongo molle, da quello che investiva le sue orecchie. Pertanto sì, in tutto questo marasma, c’è anche chi quella famosa bontà, in quel cuore non codardo, è riuscito a mantenerla e a nutrirla ma, ahimè, pochi… pochissimi confronto a tutti quelli che come licantropi al chiaro di luna si sono mutati in lupi famelici pronti ad azzannare carni.

Ora, le fondamenta che reggono le basi della nostra vita sono fatte di sgomento e ossessione per la maggior parte. Un’ossessione urlata, ripetuta fino alla nausea. Paranoica. Un’ossessione che fa vedere colui che non la pensa come te un diverso, naturalmente maligno, da deridere, umiliare, punire, annichilire. Si osanna la ghigliottina, la sedazione forzata, la tirannia verso chi osa dire – Io non ho paura -.


La Paura ha trasformato l’Essere Umano in qualcosa che in quaranta anni non avevo mai visto. E ciò che vedo non mi piace… Non avrei mai creduto di leggere o ascoltare cose, da persone che conosco da sempre, che non stanno né in cielo né in terra. Maligne, terribili. C’è chi ha l’amico medico e quindi detiene la verità assoluta in tasca, chi augura agli altri la malattia e la morte, chi “guai se ti levi la mascherina” confondendola con il Sacro Graal, senza neanche essersi chiesto come davvero si muove un Virus e cosa realmente può o non può bloccare questo aggregato molecolare. Non sei libero neanche di scherzare o puoi finire al muro perché, oggi, c’è chi sente passare un’ambulanza e lo dice. Come se prima, le cinquecento ambulanze che passavano ogni giorno non fossero mai esistite. L’Essere Umano trasformato dalla comunicazione che giunge alle sue orecchie. Quanto siamo fragili.


E allora mi chiedo davvero dove cavolo è andato a finire il parlare del nostro cuore. Come sia possibile che essendo noi un’emanazione dell’amore universale, possiamo arrivare ad esternare così tanto odio. Possiamo renderci così burattini di un Demone che ci tiene nelle sue grinfie.

Mai come ora c’è bisogno di un linguaggio colmo di compassione, di genuina dolcezza, di umiltà e di perdono. Ce n’è stato bisogno, tantissimo, ma era più comodo lanciare strali dai divani, sui quali, raggomitolati e dormienti, si tremava davanti ai nuovi decreti. E chi provava a ribellarsi a tutto questo doveva essere condannato a morte.

Mai come ora c’è bisogno di pietà, c’è bisogno del candore delle colombe, della purezza dei bambini che in tutto questo tempo hanno obbedito senza lamentarsi, nella totale accettazione e senza infangare il prossimo. In loro è ancora vivo il germoglio della fratellanza che noi abbiamo perso molto tempo fa.


Ma che se ne dica, questo cancro non mi colpirà mai. Datemi della buonista, giudicatemi come volete, ha poco interesse in me. Ciò che mi preme è restare pulita, degna, umana. Questa è la vera sfida, laddove "sfida", come termine, è persino sbagliato. Questo è il vero Virus, laddove Corona ha provato a portarci ma forse non lo abbiamo compreso.


Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza

(Dante Alighieri).


Questo non è buonismo. E’ semplicemente il rendersi conto di non essere solo un corpo ma qualcosa di molto di più. E’ comprendere di non voler essere schiava di nulla, neanche di un mostro che si materializza davanti ai miei occhi, che si inventa, che si inventano, che esiste oppure no. Non sono schiava di questo ambaradan bensì cosciente a me stessa e so da dove arrivo.

Grazie a chi ha avuto il coraggio di dire la sua, a chi si è dimostrato ribelle senza danneggiare, a chi ha ragionato con la sua testa, a chi ha avuto l’umiltà di non trasformarsi in ciò che non era, a chi ha voluto ascoltare più campane, a chi si è sentito perso, confuso, destabilizzato ma non ha mai fatto del male ad altri neanche con le parole. Grazie a chi ha saputo amare chiunque, anche i più biechi, anche i più inetti. Grazie a chi ha aiutato.


Ammetto che più volte, l’emozione dell’ira, ha provato a rendermi sua serva. In alcuni momenti ho persino quasi ceduto ma sono riuscita a non dargliela vinta e non mi riferisco a quella bella rabbia sana ed energica che è bene provare. Ho sentito la collera per quegli uomini che avrebbero ucciso senza ritegno, che credevano di sapere, che amavano diffondere paura e pretendevano di spaventare ma, sforzandomi, sono riuscita a trasmutare questa emozione e ritrovare la centratura. Volevo solidarietà, volevo amnistia, intelligenza, indulgenza e ne vedevo troppo poca. Solo dopo essere riuscita a far calare il torbido velo che appannava la mia vista ho notato che tutta quella paura, quella ferocia, quella sofferenza, mi appartenevano. In qualche modo riflettevano frammenti di me stessa. Nessuno ne è immune ma pochi hanno voglia di lavorare come antichi alchimisti trasformando questi ingredienti.


Ciò che come esterno m’appare è in realtà il succo del mio cuore

(Conte di Cagliostro).


Nel buio del mio antro ho provato a modificare quel piombo in oro ed è stato allora che è arrivata la bellezza. E’ stato allora che emanando amore ho visto amore. Che divulgando gratitudine ho notato la gratitudine. Che restando retta, centrata e indissolubile, nei confronti della debolezza ho vinto. E’ stato allora che ho capito come tutto questo non sia riuscito ad intaccarmi. Per questo vincerà tutto il mondo.


Perché ci vorrà ancora tanto tempo ma saranno le colombe a cantar vittoria un giorno. Tutto questo è destinato a sgretolarsi e allora l’uomo sarà libero. Libero soprattutto di poter amare. Senza paura. Perché è proprio come se facesse paura perdonare, “farla passare liscia”, avere misericordia. Si diventa avidi, egoisti, oppressori pur di accertarsi la sopravvivenza. Senza rendersi conto che ci si inoltra in un sentiero di morte lenta, che non porta a nulla, e che fa vivere con l’animo annientato.


Divulgate parole buone. Divulgate energie di benevolenza. L’Umanità ne ha bisogno. Ne ha bisogno più del pane che crede indispensabile. Ne ha bisogno come ha bisogno di respirare.




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