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La Loba

A tutti capita nella vita di sentirsi smembrati, spezzati. Succede di non sentirsi accettati per ciò che si è, di voler ritrovare l’autenticità della propria Anima. La fiaba che segue è per voi, dunque, ed è dedicata in particolare alle donne che hanno smarrito la strada.


C’è una vecchia che vive in un luogo nascosto dell’anima che tutti conoscono, ma pochi hanno visto. Come nelle favole dell’Europa Orientale, pare in attesa di chi si è perduto, di vagabondi e cercatori.

È circospetta, spesso pelosa, sempre grassa, e desidera evitare la compagnia. È insieme una cornacchia e una gallina che chioccia, e solitamente emette suoni più animaleschi che umani.

Potrei dire che vive fra putride scarpate di granito. O che è sepolta in una periferia cittadina, vicino a un pozzo. Forse sarà vista in viaggio su un carro bruciato, con il finestrino posteriore aperto. O forse accanto a una strada, o cavalca impugnando un fucile da caccia con strane fascine sulle spalle. Si dà molti nomi: La Donna delle Ossa, La Raccoglitrice, La Donna-Lupa.

La Loba

Copyright immagine: steeringfornorthart, utente DeviantArt


L’unica occupazione della Loba è la raccolta delle ossa. Notoriamente raccoglie e conserva in particolare quelle che corrono il pericolo di andare perdute per il mondo. La sua caverna è piena di ossa delle più varie creature del deserto: il cervo, il crotalo, il corvo. Ma si dice che la sua specialità siano i lupi.

Striscia e setaccia le montagne e i letti prosciugati dei fiumi, alla ricerca di ossa di lupo, e quando ha riunito un intero scheletro, quando l’ultimo osso è al suo posto e la bella scultura bianca della creatura sta davanti a lei, allora si siede accanto al fuoco e pensa quale canzone cantare.

E quando è sicura si leva sulla creatura, solleva su di lei le braccia, e inizia a cantare. Allora le costole e le ossa delle gambe della creatura cominciano a ricoprirsi di carne e la creatura si ricopre di pelo. La Loba canta ancora, e altre parti della creatura tornano in vita; la coda, ispida e forte, si rizza.

E ancora la Loba canta e il lupo comincia a respirare.

E ancora la Loba canta così profondamente che il fondo del deserto si scuote, e mentre lei canta il lupo apre gli occhi, balza in piedi e corre lontano.

In un momento della corsa, per la velocità della corsa medesima, o perché finisce in un fiume, o perché un raggio di sole o di luna lo colpisce al fianco, il lupo è d’un tratto trasformato in una donna che ride e corre libera verso l’orizzonte.

Dunque ricordate – se vagate nel deserto ed è quasi ora del tramonto e vi siete un po’ perdute e siete stanche – che siete fortunate, perché forse la Loba può prendervi in simpatia e mostrarvi qualcosa, qualcosa dell’anima.

Questa fiaba iniziatica (se non sapete di che si tratta vi consiglio di leggere il mio post “Le Fiabe iniziatiche: un tramite tra Anima e materialità“) racconta molto su ognuno di noi e sono davvero diversi i suoi livelli di interpretazione. Come riportavo nell’incipit di questo articolo, capita a tutti di sentirsi come un mucchietto di ossa, come se qualcuno o qualcosa avesse ridotto in pezzi il nostro scheletro per seppellirne i frammenti sotto la sabbia di un arido deserto.

Recuperarli può essere assai arduo, ma spetta a noi farlo. E’ la Loba, tuttavia, a indicarci la via, a dirci cosa, con esattezza, dobbiamo cercare: le ossa. Esse simboleggiano quella forza vitale che ognuno di noi possiede e che è indistruttibile, checché se ne possa pensare. Le ossa hanno una struttura tale per cui è difficile ridurle, bruciarle o polverizzarle. Nelle fiabe e nella mitologia rappresentano spesso l’anima-spirito che non può essere distrutta; può essere ferita, storpiata, ma è impossibile ucciderla. Può essere macchiata con i segni della malattia e le bruciature della paura, ma non muore, perché è protetta dalla Loba, che è contemporaneamente cercatrice e incubatrice di ossa.

La Loba

Copyright immagine: Saagai (fonte: DeviantArt)


Le ossa di lupo in questa storia simboleggiano l’aspetto indistruttibile del Sé selvaggio, la natura istintuale, la creatura destinata alla libertà e all’integrità, che non si sottometterà mai alle richieste e alle regole troppo restrittive della società.

La Loba riporta in vita ciò che è morto. E’ collegata a Iside, la quale ricompone il corpo smembrato di Osiride strappandolo alla morte (a questo proposito, può interessarti il mio articolo “Iside e Osiride: un mito di resurrezione, iniziazione ed equilibrio“), e a Demetra, che fa sì che la figlia Persefone ritorni dal regno infero. Ecco perché La Loba è strettamente connessa con l’anima femminile: tutte le donne hanno la facoltà di riportare alla luce tutti quegli aspetti morti e smembrati della loro individualità e della vita. La donna è Madre della Creazione, ma è anche Madre della Morte, poiché nel suo ventre ogni mese si verifica un ciclo di vita-morte-vita. Questa dualità fornisce alla donna il dovere e la capacità di imparare a lasciare andare ciò che deve morire e ad accogliere ciò che invece deve vivere, e questo si riflette non solo nel suo utero, ma anche nella sua vita e nella sua interiorità.

Ci troviamo davanti a una storia di rinascita e resurrezione, quindi, dove a rivivere è lo spirito della Donna Selvaggia. Clarissa Pinkola Estes, autrice di questa fiaba, si rivolge in particolare alle donne e insegna loro che grazie al canto dell’anima è possibile ritrovare i resti di se stesse e rinnovarli nella loro forma vitale. Per scoprire l’Amore verso noi stesse è necessario calarci nel deserto della nostra psiche. E’ un tipo di amore che solo noi possiamo darci, in quanto creatrici di vita, e che non possiamo ricercare tra le braccia di un uomo. Quando abbiamo l’intenzione di amare noi stesse, proviamo il forte desiderio di ricongiungerci al Sè selvaggio che è proprio di ogni donna. Questo significa cantare sulle ossa, rimpolparle con la carne e far rinascere la creatura che in noi sembrava morta, spenta e sepolta. Il Sè selvaggio è libero dai condizionamenti: si muove, parla, crea e agisce con libertà, senza timori né freni e, cosa più importante, ha un ottimo intuito.

La Loba canta sulle ossa, usa la sua voce-anima, e così facendo permette all’anima di reintegrarsi. La sua storia  è una metafora che spiega come rinverdire gli istinti selvaggi che ognuno di noi ha dentro di sè. La fiaba ci aiuta a riportarli alla luce, li rende  visibili alla nostra cosienza, in modo da permetterci di farli emergere e lavorare con essi. La Loba ci fa riscoprire il nostro potenziale e lo ricopre simbolicamente di carne, lo rimpolpa, permettendoci di tornare alla nostra vera essenza. E’ quel potenziale a permetterci di cambiare e, cambiando noi stessi, il mondo si adeguerà di riflesso.

La protagonista del racconto è anziana. Quello della Vecchia è l’archetipo di Colei che Sa: conosce ogni cosa sulle donne poiché le ha create lei stessa. Ecco spiegato, secondo Clarissa Pinkola Estes, il motivo per cui le donne sono creature sagge. La Loba, inoltre è vecchia e ormai immortale; può percepire il futuro con lungimiranza, grazie alla sua veneranda età, e come ogni anziana conosce il passato e il futuro e vive a cavallo tra essi.

La casa della Loba è in ognuno di noi, risiede nel luogo in cui la mente e l’istinto si mescolano, tra mito e razionalità. Accedere alla sua dimora significa poter spalancare le porte sul un mondo brulicante di idee, di forza e libertà. E’ possibile entrarvi grazie alla meditazione profonda oppure a manifestazioni artistiche quali la scrittura, la pittura, il canto, ma anche tramite la preghiera, l’immaginazione e qualsiasi attività che implichi un’alterazione di coscienza. Si può giungere a questo mondo sospeso anche con la solitudine. Qualunque sia il mezzo che utilizziamo per connetterci a lei, la Loba soffia la sua ispirazione su di noi e ci cambia profondamente. Spetta poi a noi dimostrare il suo respiro al mondo, esprimendo nella quotidianità materiale le rivelazioni di cui la Loba ci ha fatto dono.

La Donna delle Ossa custodisce semi e radici, elementi sotterranei grazie ai quali la vita è resa possibile. La donna ha in sè la luce della vita e la possiede all’interno delle sue ovaie, là dove i semi della creazione sono presenti fin dalla sua vita nell’utero materno, prima ancora della nascita. La Loba pronuncia la sua canzone dal profondo delle ovaie di ogni donna, dalle profondità della sua anima. Quando, in quanto donne, sentiamo di aver perduto qualcosa, dobbiamo fare affidamento sulla Loba, chiamarla, pregarla, ascoltarla. Avrà sempre consigli da offrirci, talvolta dolorosi o difficili da attuare, ma saranno elargiti con l’amorevolezza di una madre e saranno in grado di trasformarci. E’ nel nostro utero, nella casa della Donna delle Ossa, che risiedono le idee e il nostro fuoco creativo, sono semi che attendono solo che noi ci prendiamo cura di essi, annaffiandoli e permettendo loro di sbocciare.

Così come La Loba riveste di carne le ossa, noi possiamo ritrovare il nostro bambino interiore, ricongiungerci con ciò che siamo stati nell’infanzia, che è la nostra essenza più pura e veritiera. Grazie alla conoscenza del passato, possiamo prepararci alla rinascita del futuro.

La fiaba, infine, è ambientata in un deserto. A differenza di quanto si possa pensare, questo paesaggio apparentemente alienante e arido era definito dagli antichi come il luogo della rivelazione divina, e non a torto. Nel deserto la vita si ritira in se stessa, si riduce all’essenziale e si manifesta nel sottosuolo. E’ una metafora bellissima, questa, se si pensa che ognuno di noi, uomo o donna che sia, ha una parte nascosta, celata, sepolta e che non mostra mai. I condizionamenti esterni, i dolori che abbiamo vissuto, le ferite che ci sono state inferte hanno seppellito il nostro Sè selvaggio sotto la superficie di un deserto, ma non è impossibile riuscire a tirarlo fuori. Come la Loba scava alla ricerca delle ossa, anche noi dobbiamo saperci sporcare le mani con la sabbia per disseppellire la nostra essenza. Anche in mezzo alla desolazione del deserto ci sarà un fiore, possiamo vederlo, se ci impegnamo. Non serve a nulla cercare la città più vicina, un luogo lussureggiante per abbagliare il nostro sguardo. Tutto quello che dobbiamo fare per uscire dal deserto è restare entro i suoi confini, nutrire quel fiore e scavare alla ricerca delle ossa. Il resto verrà da sé.


Fonte:

  1. Donne che corrono coi lupi, Clarissa Pinkola Estés

Fonte immagine di copertina: ©PonderosaPower, DeviantArt

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